VESPOLATE, Italia – Un solo giorno di precipitazioni abbondanti durante tutto l’anno, una temperatura pomeridiana di nuovo vicina ai 37° gradi e Fabrizio Rizzotti che cammina nei suoi campi: 90 ettari coltivati con il riso, una pianta che cresce completamente immersa nell’acqua.
Non ha alcun bisogno dei suoi stivali.
Gli steli sono secchi e deboli. Il campo, invece di essere ricoperto d’acqua, scricchiola sotto i piedi. Fabrizio Rizzotti, settima generazione di coltivatori di riso, mostra come la risaia sia già morta – “non possiamo ricavare nemmeno un chicco di riso”. Indicando un campo adiacente, leggermente più verde, ma con un disperato bisogno d’acqua, afferma:
“Tra pochi giorni anche quel campo sarà morto. È sconvolgente“
In questa estate soffocante, poche zone in Europa sono state colpite tanto duramente quanto il nord Italia, dove l’estrema siccità ha prosciugato uno dei fiumi principali, innescando uno stato di emergenza e mettendo in grave difficoltà le famose pianure agricole del paese. La siccità sta facendo preoccupare gli italiani anche riguardo cose che hanno sempre dato per scontate: non solo le verdi risaie tipiche di questa regione, ma anche il cibo e le preparazioni culinarie che ne derivano. In particolare, il risotto.
“Meno riso significherà un risotto più costoso” – dice Fabrizio Rizzotti.
Il riso italiano è il riso dei risotti – ideale per esaltare i sapori, legandosi perfettamente con ogni ingrediente – e Fabrizio Rizzotti è il tipo di agricoltore che ha a cuore il cibo tanto quanto i suoi raccolti. Ha chiamato il suo cane Risotto. E anche il suo cognome ricorda il nome del piatto.
Per gran parte della vita di Fabrizio, il risotto è stato più volte protagonista della sua dieta settimanale: prima nelle ricette preparate dalla madre, poi dalla compagna, e ora – racconta con malinconia – di nuovo dalla madre, che è tornata a occuparsi di cucina dopo la scomparsa della compagna, morta di leucemia lo scorso aprile.
Fabrizio non ha avuto altra scelta se non quella di andare avanti. Un altro anno di semina. Un altro periodo di 15 ore di lavoro al giorno, rese però più piacevoli dal suo amato risotto realizzato con ingredienti di qualità, carne di maiale e fagioli.
Tuttavia, man mano che i periodi di clima estremo diventano sempre più comuni, Fabrizio inizia a considerare il riso come un bene prezioso. Il principale gruppo agricolo italiano ha previsto, infatti, che i raccolti quest’anno saranno inferiori del 30% rispetto al solito. Intorno alla cascina di Rizzotti, altri coltivatori di riso stanno cercando di capire cosa riserverà loro il futuro. Nelle rogge che costeggiano la proprietà dei Rizzotti, alimentate da un sistema di canali locali creato negli anni ’60 dell’Ottocento, l’acqua è solitamente alta diversi metri. Ora c’è solo un rivolo con molti sedimenti.
“Fondamentalmente, non c’è più acqua” – dice Fabrizio.
In uno di questi pomeriggi, con il sudore sulla fronte, è salito in macchina ed è andato a controllare altre parti della sua proprietà. Lo stato di salute di un campo, infatti, può variare da zona a zona, a seconda della composizione del suolo, della distanza dai principali canali d’acqua e delle scelte dell’agricoltore. Ma anche i suoi campi migliori, con una fornitura d’acqua più costante, presentavano macchie verde scuro, segno dell’inizio della disidratazione. I grilli ronzavano, alcune libellule svolazzavano sopra l’erba quasi secca. L’unico altro movimento era quello dell’irrigatore di un vicino all’orizzonte, che distribuiva la poca acqua rimasta su un campo di grano.
“Tutti stanno affrontando scelte difficili”, racconta Fabrizio Rizzotti. “Il mio vicino annaffia il grano per salvare le sue mucche. Ma sta lasciando morire il riso”.
Il riso può crescere solo quando è inondato. 3 o 4 cm d’acqua sono sufficienti quando la pianta è giovane, dicono gli agricoltori, ma ha bisogno di più di 15 cm in estate. Nelle risaie Rizzotti non si riescono a raggiungere questi valori. L’anno scorso, la sua azienda, che comprende suo figlio e un altro dipendente, ha prodotto 350 tonnellate di riso. Quest’anno, ci dice, saranno fortunati se riusciranno a raggiungere 150 tonnellate.
“E questo è lo scenario migliore”, ha sottolineato, considerando una perdita di guadagno pari al 50%. “L’unica speranza è che inizi a piovere. Ma in modo esponenziale”.
Le previsioni, però, mostrano giorni a 35° e sole almeno per le prossime settimane. Questa zona d’Italia, la pianura tra le Alpi e il fiume Po, è l’area risicola predominante in una nazione che rappresenta la metà della produzione di riso dell’Unione Europea.
Gli agricoltori, come i viticoltori, parlano costantemente della qualità dell’aria, dello scioglimento dei ghiacciai e del terreno, tutti fattori che influiscono sul loro raccolto.
Fabrizio Rizzotti – che utilizza macchinari centenari in alcune fasi della lavorazione del riso – si anima parlando della purezza del suo chicco visto al microscopio. (Niente micro-fessure, dice). Quando entra in contatto con le attività di ristorazione, Fabrizio cerca sempre di dare loro grande visibilità, creando un rapporto di crescita reciproca.
“Per le persone qui il riso è il primo alimento, subito dopo il latte della mamma”, ha detto Marta Grassi, chef una stella Michelin del ristorante Tantris, della vicina Novara.
Arborio è la varietà di riso italiana più famosa per gli stranieri, infatti tra gli americani è spesso associato al termine risotto. Ma nel nord Italia non è considerato il riso più pregiato. La varietà di maggiore qualità è invece il Carnaroli Classico, che meglio esalta i sapori e si lega perfettamente a ogni ingrediente.
“Ci vuole un risotto strutturato”, afferma Claudia Fonio, 40 anni, chef di un ristorante vicino all’azienda agricola Rizzotti. “Devi sentire il chicco.” Anche suo fratello ha delle risaie e sta riscontrando le stesse problematiche.
“Per quanto mi riguarda, questo è solo l’inizio di una serie di periodi difficili che ci accompagneranno in futuro” – racconta.
Claudia utilizza nella sua cucina il riso di Fabrizio, che ogni tanto dopo il lavoro passa nel suo ristorante, come successo recentemente, per gustarsi uno dei grandi classici regionali – la paniscia – realizzato dal sous-chef di Claudia.
“Questo è il modo in cui dovrebbe essere” – afferma. Perfettamente strutturato. Il sapore in ogni chicco.
Fabrizio afferma che il caldo e la siccità stanno ora influenzando notevolmente il suo lavoro, infatti la gestione dell’acqua è il tema principale questo periodo dell’anno: bisogna decidere quali campi devono ricevere più acqua. Alle riunioni del consorzio che si occupa della distribuzione dell’acqua, sono ormai comuni accese discussioni tra i partecipanti.
“Un campo contro un altro”, ci racconta Fabrizio. “Una guerra di poveri contro poveri”.
Fabrizio, oltre a essere un agricoltore, è anche un imprenditore. La domanda che ci si deve quindi porre è se l’estrema siccità di quest’anno sia da considerare solamente un’eccezione. Alcuni agricoltori, infatti, nonostante tutto continuano a credere nel ritorno alla normalità.
Tuttavia, Fabrizio è convinto che questa considerazione nasca soltanto dal non voler affrontare la realtà, perché troppo dolorosa e difficile.
“Perché significa distruggere un settore nato molti secoli fa” – afferma.
Fabrizio, negli anni, è riuscito a gestire in modo ottimale le sue risorse economiche, mettendo da parte quanto necessario per affrontare un anno difficile come quello attuale. Tuttavia, la situazione potrebbe non essere più sostenibile se la siccità continuasse negli anni futuri.
Per questo di recente, ha deciso di destinare una parte della coltivazione, viste le problematiche attuali, alla soia, meno dipendente dall’acqua rispetto al riso, nella speranza di poter tornare presto alla produzione degli anni passati.
“È un modo per ridurre il rischio” – afferma.
Ma questa decisione significherebbe anche avere meno possibilità di gustare i famosi risotti con il riso di qualità di Cascina Fornace.
Fotografie di Davide Bertuccio
Articolo originale “Chico Harlan, Stefano Pitrelli, 2022, A drought in Italy’s risotto heartland is killing the rice” tradotto su autorizzazione di The Washington Post. Vietata la riproduzione senza il consenso dell’autore originale.
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